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Guarigione della frattura ossea

Introduzione

Le fratture ossee sono tra le lesioni più comuni, soprattutto da quando si è diffuso su larga scala il trasporto motorizzato (Cottrell e O’Connor, 2010). La guarigione da una frattura prevede una complessa interazione di processi cellulari e meccano-sensitivi. Circa il 5-10% delle fratture non si salda o si salda in modo incompleto (Einhorn, 1995; Praemer et al, 1992). Comprendere gli aspetti biomeccanici della riparazione ossea è fondamentale per creare l’ambiente più favorevole possibile alla guarigione (Pivonka e Dunstan, 2012; Einhorn e Gerstenfeld, 2015).

Biologia della guarigione della frattura ossea

La guarigione di una frattura comincia con una fase anabolica di incremento del volume tissutale guidato dall’infiammazione, prosegue con una fase catabolica di riduzione del volume del callo osseo e si conclude con la fase di rimodellamento dove il catabolismo degli osteoclasti e l’anabolismo degli osteoblasti si bilanciano.

L’ematoma iniziale che si forma nel sito di frattura è fondamentale per dare il via alla riparazione ed è ormai noto che la sua rimozione comporta un ritardo nella riparazione o addirittura una non unione (Kolar et al., 2010). L’ematoma fa da temporanea “impalcatura” per il differenziamento delle cellule staminali in tessuto fibroso, osseo e cartilagineo. Nel loro compito riparativo queste cellule sono guidate, oltre che da numerose citochine, dai carichi meccanici, i quali giocano un ruolo fondamentale nella guarigione ossea (Pivonka and Dunstan, 2012; Einhorn and Gerstenfeld, 2015; Claes et al., 2012; McKibbin, 1978). A fianco al ruolo fondamentale delle cellule staminali nella riparazione ossea (Nagel and Kelly, 2010), hanno una funzione importante anche condrociti, fibroblasti, osteoblasti e cellule endoteliali (Prendergast et al, 1997; McKibbin, 1978; Pauwels, 1959).

Modalità della riparazione ossea

Ci sono sostanzialmente 2 forme di riparazione ossea: una primaria e una secondaria.

La riparazione primaria avviene quando i frammenti ossei sono fermamente compressi tra di loro nel sito di frattura. Questo accade in semplici infrazioni o talvolta in caso di riduzione chirurgica tramite chiodi, placche, fili o fissatori esterni. In questo caso non c’è formazione di callo osseo e la riparazione è gestita direttamente da osteoblasti e osteoclasti (Claes et al, 2012; Marsell and Einhorn, 2011).

Il processo di riparazione ossea secondario avviene in 2 fasi: inizialmente nelle prime 4-6 settimane si forma un callo cartilagineo, detto callo morbido, che riempie la frattura (Pivonka e Dunstan, 2012; Einhorn e Gerstenfeld, 2015; Claes et al, 2012); nei successivi 2-3 mesi il callo morbido si ossifica diventando un callo duro attraverso 2 possibili processi (Einhorn e Gerstenfeld, 2015; McKibbin, 1978; Oryan et al, 2015):

  • Nell’ossificazione intramembranosa l’osso è creato direttamente dalle cellule staminali differenziate in osteoblasti
  • L’ossificazione endocnodrale prevede invece che le cellule staminali si differenziano in condrociti che depositano tessuto cartilagineo, il quale viene poi ossificato dagli osteoblasti; le ossa  lunghe si riparano così) 

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