Trattamento del Linfedema a Genova

Il linfedema è una condizione cronica che non ha ad oggi una cura definitiva. Tuttavia può essere sensibilmente ridotto e controllato tramite una combinazione di terapie, detta Terapia Decongestiva Complessa, che prevede bendaggi compressivi, linfodrenaggio manuale, riduzione della fibrosi sottocutanea ed esercizio terapeutico. Talvolta la chirurgia può essere una opzione per migliorare i sintomi. In ogni caso è fondamentale lavorare con un terapista esperto di trattamento del linfedema per costruire un piano terapeutico altamente individualizzato. 

Nel mio studio di Fisioterapia mi dedico da diversi anni al trattamento del linfedema a Genova utilizzando la Terapia Decongestiva Complessa secondo le più aggiornate indicazioni della International Society of Lymphology.

trattamento del linfedema a Genova. Prima e dopo il trattamento

Come posso trattare il mio linfedema?

La Terapia Decongestiva Complessa è il trattamento del linfedema ad oggi più accreditato dalla International Society of Lymphology.
L’obiettivo primario della terapia è ridurre il volume dell’arto recuperando funzionalità. L’obiettivo secondario è poi mantenere il risultato evitando le recidive e le insidiose infezioni cutanee
A questo scopo la Terapia Decongestiva Complessa che svolgo personalmente nel mio studio prevede:

  • Bendaggio compressivo multicomponente
  • Bendaggio all’ossido di zinco nelle linfangiti e infezioni
  • Linfodrenaggio manuale
  • Onde d’urto radiali
  • Linfo-taping
  • Esercizio terapeutico
  • Cura della cute
  • Contenzione elastica appositamente scelta
  • Educazione per l’autogestione a lungo termine

In cosa consiste esattamente il trattamento?

La seduta inizia sempre con la misurazione dei valori corporei di riferimento: circonferenze e volume dell’arto colpito e dell’arto sano, peso, indice di massa corporea BMI e bioimpedenziometria di base (percentuale di acqua, massa magra, massa grassa e massa ossea).
Dopodiché si passa al trattamento vero e proprio e in questo senso la Terapia Decongestiva Complessa prevede 2 fasi a seconda dello stadio in cui ci si trova.

La FASE 1 consiste nel gestire la condizione acuta. L’obiettivo è ridurre il linfedema al suo minimo possibile e curare eventuali problemi cutanei attraverso sedute bisettimanali o trisettimanali di:

  • Bendaggio compressivo multicomponente e bendaggio all’ossido di zinco
  • Linfodrenaggio manuale
  • Cura della cute
  • Esercizio terapeutico

La FASE 2 prevede il contenimento di linfedemi agli stadi iniziali o il mantenimento a lungo termine dei risultati ottenuti in fase 1. La sua applicazione prevede cicli periodici con sedute settimanali di:

  • Linfodrenaggio manuale
  • Onde d’urto radiali (in caso di fibrosi)
  • Linfo-taping
  • Scelta della contenzione elastica più adeguata
  • Esercizio terapeutico
  • Cura della cute

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Per comprendere meglio il trattamento del linfedema occorre definire con precisione questa complessa problematica. Il linfedema infatti è un problema cronico caratterizzato dall’accumulo di linfa (acqua, proteine, detriti cellulari, trigliceridi, globuli bianchi e batteri) a livello interstiziale che causa gonfiore e può portare ad alterazioni cutanee. La causa è rappresentata da una insufficienza linfatica (riduzione della capacità di trasporto linfatico), talvolta accompagnata da un aumento del carico linfatico, ossia dei liquidi riversati nell’interstizio dai capillari sanguigni. In questo senso quindi un edema è un linfedema solo in presenza di insufficienza linfatica. L’insufficienza linfatica può essere su base “meccanica” (danneggiamento fisico delle vie linfatiche) o “funzionale” (alterazione vaso-motoria su base biochimica).

Le cause di linfedema possono essere di tipo primario o secondario:

  • linfedemi primari hanno una causa congenita o genetica ed un esordio per lo più alle estremità degli arti. Ne sono identificati 3 tipi: linfedema congenito (riconosciuti entro i 2 anni di età), linfedema precox (si manifesta tra la pubertà e i 35 anni) e linfedema tarda (si manifesta dopo i 35 anni di età).
  • linfedemi secondari possono essere dovuti a lesioni linfonodali ascellari o inguinali (esordio nella radice dell’arto) o a lesioni dei collettori linfatici. La prima causa al mondo di linfedema secondario è la filariosi, malattia del terzo mondo causata dall’infezione di un parassita delle zanzare. La seconda causa è rappresentata da condizioni maligne o dai relativi trattamenti. Si stima che 1 donna su 5 sopravvissute al tumore al seno svilupperà un linfedema dell’arto superiore e che 2 su 5 sopravvissute a tumori ginecologici ne svilupperà all’arto inferiore.

Stadiazione del linfedema

A seconda della quantità e della severità dei sintomi, il linfedema può essere classificato in 4 stadi:
  • Stadio 0: alterazione del flusso linfatico negli esami strumentali senza manifestazioni visibili.
  • Stadio 1: edema reversibile che diminuisce con l’elevazione. Assenza di fibrosi e segno della fovea positivo (la compressione locale lascia un avvallamento).
  • Stadio 2: edema permanente che non migliora con l’elevazione. Iniziali segni di fibrosi (segno di Stemmer positivo).
  • Stadio 3: evoluzione elefantiasica con accentuate alterazioni e complicante cutanee (linforrea, fistole linfatiche e ulcere cutanee

Capire se un gonfiore è un semplice edema o un linfedema è cruciale per la sua tempestiva gestione. Inoltre distinguere se un linfedema è primario o secondario può non essere semplice. Come sempre accade in medicina, anche la diagnosi del linfedema è guidata dalla valutazione clinica ed è confermata dagli esami strumentali.

  • Valutazione clinica:
    • L’anamnesi è spesso in grado da sola di dare la maggior parte delle informazioni necessarie alla diagnosi. Dati quali la familiarità, patologie o traumi pregressi e le modalità di insorgenza del gonfiore sono sempre della massima importanza.
    • L’esame fisico è invece volto alla ricerca dei segni e sintomi tipici del linfedema: localizzazione del gonfiore, ipercheratosi, linfangiomi (rigonfiamento da linfatici dilatati), linforrea, secchezza cutanea, calore, papillomatosi, segno di Stemmer, dimensione dell’arto rispetto al controlaterale (<20% lieve; >20% severo). Il dolore non è un sintomo tipico del linfedema e per questo motivo la sua presenza va sempre valutata con cautela.
  • Esami strumentali:
    • Il primo esame consigliato solitamente è un’ecografia per osservare il sistema venoso e il tessuto sottocutaneo. Successivamente sarà fondamentale effettuare un esame più specifico della funzionalità linfatica. Ad oggi l’esame di riferimento è la linfoscintigrafia (detta anche linfangioscintigrafia). Tuttavia negli ultimi anni stanno prendendo sempre più consenso altri esami come la risonanza magnetica con contrasto (in grado di fornire immagini ad elevato dettaglio) e la linfofluoroscopia (utile per osservare in tempo reale le strategie di drenaggio linfatico attuate dall’organismo).

La terapia conservativa ad oggi più accreditata per il trattamento del linfedema, primario o secondario, è la cosiddetta Complex Decongestive Therapy CDT.

Bisogna premettere che il linfedema è una condizione cronica degenerativa che raramente guarisce. Questo significa che le terapie hanno come obiettivo primario fermarne o rallentarne la progressione.

La Complex Decongestive Therapy nel trattamento del linfedema consiste di 2 fasi:

  • La fase 1 ha l’obiettivo di ridurre l’edema al suo minimo possibile attraverso:
    • Cura della cute (idratazione e disinfezione)
    • Linfodrenaggio manuale
    • Bendaggio elasto-compressivo multicomponente
    • Esercizio terapeutico
  • La fase 2 prevede il mantenimento dei risultati di fase 1 tramite l’utilizzo di:
    • Contenzione elastica opportunamente scelta
    • Cura della cute
    • Linfodrenaggio manuale
    • Esercizio terapeutico

Il linfodrenaggio manuale è una particolare tecnica di massaggio che ha l’obiettivo di mobilizzare la linfa e stimolare il sistema linfatico. La sua corretta esecuzione permette di:

  1. Aumentare la formazione di linfa evacuando i liquidi interstiziali verso i capillari linfatici
  2. Incrementare la portata linfatica stimolando la vasomotricità dei pre-collettori e collettori linfatici
  3. Stimolare la funzionalità dei linfonodi relativamente a flusso e concentrazione linfatica

I campi di utilizzo del linfodrenaggio manuale sono molto ampi, ma si possono identificare fondamentalmente 2 situazioni: sistema linfatico intatto e sistema linfatico alterato.

  • Nel caso di sistema linfatico intatto il linfodrenaggio manuale è utile per ripristinare la normale funzionalità in tutte quelle situazioni, patologiche o meno, di stasi linfatica con accumulo di liquidi, dalle semplici gambe gonfie, ai postumi da liposuzione, fino a patologie sistemiche come la sclerodermia.
  • Nel caso di sistema linfatico alterato il linfodrenaggio manuale permette di aumentare la quota di linfa evacuata, dirottandola eventualmente dal distretto patologico in un’area più funzionale con manovre anche diverse da quelle classiche. Si tratta quindi di una tecnica fondamentale nel trattamento del linfedema.

Cenni di storia del linfodrenaggio manuale

Il primo ad introdurre tecniche manuali per stimolare il sistema linfatico fu il medico austriaco Alexander von Winiwarter nel 1892. Successivamente nel 1932 il fisioterapista danese Emil Vodder, con l’aiuto della moglie Estrid Vodder, ampliò i concetti di Winiwarter creando il famoso drenaggio linfatico manuale secondo il metodo Vodder. Nei decenni successivi, grazie ai contributi fondamentali dal mondo della ricerca medica, tra cui i coniugi ungheresi Michael e Ethel Foldi e il professore belga Albert Leduc, il linfodrenaggio manuale ed il trattamento del linfedema si sono evoluti ed aggiornati diventando via via sempre più efficaci.

Ad oggi il linfodrenaggio manuale si regge ancora sui concetti di fondo del metodo Vodder, anche se molti “dogmi” sono stati smentiti. I moderni studi di anatomia e l’osservazione in vivo del reale funzionamento del sistema linfatico tramite linfo-fluoroscopia hanno permesso di aggiornare la manualità alle più recenti conoscenze.

Visita qui la sezione specifica ai miei trattamenti con linfodrenaggio manuale.

Il bendaggio compressivo è una componente fondamentale del trattamento del linfedema ed è indicato per edemi che rendano la regione maggiore del 10% rispetto al lato controlaterale. La sua realizzazione prevede 3 strati:

  • Calza tubolare sulla cute per assicurare comfort e igiene ed evitare reazioni allergiche.
  • Materiale di imbottitura per distribuire e regolare le pressioni. Solitamente rappresentato dal cotone di Germania.
  • Bende a corta estensibilità per garantire la compressione desiderata.

La legge fisica che regola la progettazione del bendaggio è la legge di Laplace, la quale dice che la pressione è direttamente proporzionale alla tensione superficiale e inversamente proporzionale al raggio. Sapendo ciò è quindi possibile realizzare bendaggi con un livello di compressione desiderato e con un gradiente di pressione di ritorno dalle estremità verso la radice dell’arto.

Il bendaggio è massimamente efficace nelle prime ore, ma dovrebbe in ogni caso essere indossato fino alla successiva applicazione, sino anche a 48 ore. Inoltre, affinché dia i migliori risultati, è fondamentale associare movimento ed esercizio fisico.

Controindicazioni all’applicazione del bendaggio nel trattamento del linfedema

  • Controindicazioni assolute
    • Edemi di origine cardiaca
    • Infiammazioni locali
    • Patologie venose acute
    • Arteriopatie con pressione arteriosa periferica < 60mmHg
    • Sclerodermia
  • Controindicazioni relative
    • Trombosi venose occorse da meno di 8 settimane
    • Arteriopatie con pressione arteriosa periferica > 60mmHg
    • Ipertensione arteriosa grave
    • Congestioni linfatiche prossimali all’arto da trattare

Una delle conseguenze più insidiose del linfedema è l’alterazione della cute. Nei casi più gravi si possono produrre lesioni e infezioni, tra cui la più pericolosa è la cellulite batterica (da non confondere con la cellulite estetica, detta scientificamente paniculopatia edemato-fibro-sclerotica). Per questa ragione il trattamento del linfedema deve necessariamente includere una routine quotidiana di cura della cute. Le indicazioni fondamentali prevedono:

  • Idratare la pelle ogni giorno con una crema a basso pH adatta al livello di secchezza. L’ultima passata di crema dovrebbe avvenire verso il basso nella direzione di crescita dei peli per non irritare i follicoli.
  • Lavare la cute ogni giorno con acqua tiepida e un sapone non sapone nel caso di cute secca.
  • Asciugare la cute accuratamente con particolare attenzione agli spazi interdigitali.
  • Nel caso di linfedema del piede usare salviette alcoliche o prodotti anti fungo per prevenire o curare il piede dell’atleta (infezione micotica della cute dei piedi).
  • Evitare graffi, sbucciature, scottature da sole, punture di insetto, temperature estreme (ad es. sauna) e indossare sempre scarpe comode.
  • In caso di lesioni, punture, bruciature, ecc. trattare il prima possibile pulendo, disinfettando ed eventualmente coprendo la parte coinvolta.
  • Nel caso di linforrea (area molto gonfia, pelle molto secca, lesioni cutanee, vesciche di linfa) occorre tenere la cute pulita e disinfettata, usare crema nei dintorni ed eventualmente effettuare un bendaggio leggero.

La contenzione elastica è un particolare indumento (calza, guanto o per il tronco) fondamentale per il mantenimento dei risultati ottenuti nel trattamento del linfedema tramite la CDT. L’obiettivo principale di una contenzione è garantire la giusta pressione per contenere il linfedema; secondariamente deve anche essere comoda da indossare e accettabile esteticamente. La sua realizzazione da parte di ditte specializzate deve essere fatta in modo da coprire tutta l’area affetta dal linfedema, generando più compressione distale e meno prossimale in modo da favorire  un gradiente di ritorno. Può inoltre avere un effetto positivo anche sul lavoro muscolare generando lieve resistenza ai movimenti e sui tessuti fibrosi producendo un effetto massaggio.

Fattori coinvolti nella scelta del tipo di contenzione sono: circolazione arteriosa (per evitare blocchi alle dita), forma e dimensione dell’arto, funzionalità dell’arto, distribuzione e gravità del gonfiore, condizione della cute, capacità di mettere e togliere la contenzione da soli, costituzione generale ed età.

Caratteristiche fisiche delle contenzioni elastiche

  • Materiale: fibra sintetica o lattice naturale.
  • Tipologie di trama
    • Trama circolare: tipica delle contenzioni pre-formate, indicata in caso di edema lieve (<120% del sano) e arto di forma regolare; si tratta di contenzioni più morbide ed estetiche.
    • Trama piatta : tipica delle contenzioni su misura, indicata per edemi severi (>20% sano) e arti con forme irregolari; si tratta di contenzioni più rigide.
  • Forma: la contenzione può coprire solo metà arto distale o tutto l’arto, con o senza dita
  • Classe di compressione: esistono diverse classificazioni del grado di compressione. La seguente ne è una media.
    • Classe I 15-21 mmHg: prevenzione nell’adulto o contenzione nel bambino, nell’anziano o in caso di complicanze arteriose, neurologiche o reumatologiche
    • Classe II 23-32 mmHg: linfedema arto superiore o lieve all’arto inferiore allo stadio I
    • Classe III 35-46 mmHg: linfedema allo stadio I e II
    • Classe IV > 50mmHg: linfedema allo stadio II e III

Consigli e indicazioni di utilizzo della contenzione elastica nel trattamento del linfedema

  • Solitamente vengono fornite 2 contenzioni che durano ciascuna fino a 6 mesi e quindi in combinazione fino a 1 anno. Ogni contenzione andrebbe lavata dopo l’utilizzo perché questo ne ripristina l’elasticità. Il lavaggio va fatto secondo le indicazione del costruttore, meglio se a mano, premendo e non strizzando e senza usare l’asciugatrice o fonti di calore.
  • Se ci sono zone irritate per sfregamento si possono usare: vasellina, una barrier cream, un indumento sottile second skin o una pezza di seta.
  • L’ideale è indossare la contenzione al mattino, tenerla tutto il giorno e toglierla la sera andando a letto. Da coricati la pressione nella gamba rischia di essere troppo bassa rispetto alla compressione della contenzione; tuttavia in alcuni casi di trattamento molto intensivo si può valutare di portare la contenzione anche di notte.
  • È preferibile mettere la crema idratante per la cute e fare il bagno di sera, in modo da non dover indossare la contenzione subito dopo, cosa che renderebbe l’operazione molto difficile e alla lunga potrebbe rovinare la contenzione stessa. Al mattino invece si può mettere un po’ di talco per facilitare l’incalzo.
  • Non risvoltare mai le estremità perché raddoppierebbero la pressione localmente col rischio di creare lacci e strozzature.
  • Assicurarsi che non ci siano grinze lungo tutta la contenzione indossata.
  • All’inizio l’arto potrebbe essere indolenzito, spesso per il poco movimento. Un piccolo set di esercizi può aiutare ad assestare la situazione. In generale comunque la contenzione non dovrebbe fare male, per cui occorre valutare anche se non sia troppo stretta.
  • In estate se fa molto caldo si può tenere la contenzione in frigo (non in congelatore!) dentro una busta di plastica chiusa durante la notte, oppure spruzzare la contenzione già indossata con acqua fresca.
  • Se la contenzione tende a scivolare si possono fare delle modifiche, usare strisce gommate all’interno o applicare colle all’acqua sulla pelle.

Nel contesto della Terapia Decongestiva Complessa l’esercizio terapeutico svolge senz’altro un ruolo importantissimo nella gestione a lungo termine del linfedema. I suoi effetti permettono infatti di:

  • Ridurre il gonfiore favorendo il ritorno linfatico e venoso
  • Mantenere nel tempo i risultati ottenuti con la fase 1 della Terapia Decongestiva Complessa
  • Migliorare i sintomi secondari associati al linfedema
  • Migliorare le capacità fisiche dell’organismo e quindi la qualità della vita
  • Tenere sotto controllo il peso corporeo
Un buon programma prevede diverse tipologie di esercizio che andrebbero sempre concordate con un fisioterapista esperto di linfedema e personalizzate sulle esigenze individuali. Inoltre sarebbe ottimale eseguire gli esercizi indossando sempre la contenzione elastica o il bendaggio, fatta certamente eccezione per le attività in acqua, per enfatizzarne l’effetto.

Tipologie di esercizio indicate nel trattamento del linfedema

Le principali tipologie di esercizi consigliate nella gestione del linfedema sono:

  • Esercizi respiratori: in caso di linfedema degli arti inferiori è sempre utile eseguire regolarmente delle respirazioni diaframmatiche. Il diaframma infatti è attraversato dal Dotto Toracico che drena la linfa degli arti inferiori. La respirazione diaframmatica è in grado quindi di svolgere un effetto “pompa” sul dotto toracico stesso.
  • Esercizi decongestivi: si tratta di movimenti a bassissima resistenza ed alto numero di ripetizioni, specifici in funzione della localizzazione ed entità del linfedema. Il loro obiettivo primario è stimolare il ritorno linfatico e venoso.
  • Esercizi di rinforzo: gli esercizi contro resistenza (pesi, elastici o a corpo libero) hanno l’effetto di migliorare le capacità fisiche dell’organismo, rinforzare i tessuti muscolo-scheletrici e stimolare la produzione di ormoni e neurotrasmettitori utili al benessere psicofisico (ad es. endorfine). Si tratta di esercizi da scegliere con cautela con l’aiuto di un terapista esperto e andrebbero eseguiti sempre indossando la contenzione elastica.
  • Esercizi aerobici: gli effetti principali dell’esercizio aerobico sono potenziare i sistemi cardio-vascolare e respiratorio, stimolare il metabolismo aiutando a tenere sotto controllo il peso corporeo e favorire il ritorno linfatico e venoso. Le attività ideali sono nuoto, camminata, ginnastica in acqua, bici/cyclette, tai chi. Sono invece sconsigliati tennis o golf in caso di linfedema dell’arto superiore e calcio o sport da combattimento in caso di linfedema dell’arto inferiore.
  • Esercizi in acqua: che si tratti di nuoto o ginnastica, l’attività in acqua è sempre molto consigliata in caso di linfedema. L’acqua infatti ha le proprietà di sostenere i movimenti grazie al galleggiamento e di creare una naturale compressione grazie alla pressione idrostatica.

Il cibo è uno degli argomenti più ricco di falsi miti e informazioni errate o addirittura pericolose. Dal punto di vista della dieta il linfedema non presenta nessuna formula magica. Le indicazioni con il miglior supporto scientifico sono:

  • Avere una dieta bilanciata e variata che garantisca di regolare del peso corporeo verso valori ottimali di Indice di Massa Corporea
  • Non ridurre le proteine
  • Assumere acqua in normale quantità
  • Praticare esercizio fisico regolare supervisionato da un terapista esperto
  • Evitare i diuretici sia come farmaci che come sostanze (alcol, caffè)

Per approfondire l’argomento leggi questo mio articolo sulla Dieta nel linfedema e anche questo altro mio articolo sui Falsi miti nel linfedema.

Solitamente un edema si produce quando la filtrazione di liquidi in uscita dai capillari eccede la capacità di drenaggio del sistema linfatico (Stanton, 2000). Nel caso di sistema linfatico sano, un farmaco può produrre un edema innalzando la filtrazione capillare al di sopra della capacità di drenaggio linfatico. Nei soggetti con linfedema, essendo il sistema linfatico già di per sé disfunzionale, questo meccanismo avviene con ancor maggiore facilità.

In generale si può dire che i farmaci che hanno come effetto collaterale la produzione di un edema possono aggravare condizioni preesistenti come un linfedema. Esempi tipici sono:

  • Pillola contraccettiva e peggioramento del linfedema primario
  • Calcio antagonisti per l’ipertensione e peggioramento del linfedema primario
  • Chemioterapia con docetaxel per il tumore al seno e incremento del linfedema secondario all’intervento chirurgico di asportazione dei linfonodi
  • Corticosteroidi nella sclerosi multipla e incremento dell’edema linfo-venoso secondario all’immobilità

Ci sono farmaci efficaci nel linfedema?

Benzopironi

I benzopironi sono una classe di migliaia di diverse sostanze, la maggior parte delle quali di origine naturale (Twycross, 2000). Si suddividono in 2 principali gruppi:

  • Cumarina e derivati
  • Flavone e derivati

Gli effetti di queste sostanze sono: riduzione della permeabilità capillare alle proteine, stimolazione dell’accumulo di macrofagi interstiziali con azione proteolitica, inibizione della sintesi di mediatori dell’infiammazione (prostaglandine e leucotrieni). Inizialmente alcuni autori li hanno proposti come farmaci di routine nella gestione del linfedema (Casley-Smith, 1999; Twycross, 2000). Successivamente una importante review della Cochrane (Badger et al, 2003) ha rilevato che “dagli studi disponibili non è possibile trarre conclusioni riguardo all’efficacia dei benzopironi nella gestione del linfedema” a causa dell’insufficienza di dati. In ogni caso, premesso che in alcuni soggetti la cumarina è molto tossica per il fegato e questo andrebbe attentamente valutato prima di assumerla, i benzopironi sono sostanze senza particolari effetti indesiderati quindi la loro assunzione sotto prescrizione medica è tutt’altro che sconsigliata.

Selenio

Il selenio è un oligoelemento con proprietà antiossidanti ed è stato proposto come possibile rimedio agli effetti collaterali di chemioterapia e radioterapia e anche in caso di linfedema. Tuttavia una review della Cochrane (Dennert and Horneber, 2006) ha rilevato che non ci sono evidenze che il selenio riduca il gonfiore nel linfedema o nella radioterapia e chemioterapia.

Diuretici

I diuretici come ad esempio il furosemide sono normalmente utilizzati per trattare edemi da insufficienza cardiaca. Nel linfedema tuttavia i diuretici sono inefficaci se non addirittura dannosi (BNF, 2007). Infatti la riduzione di liquidi porta un aumento di concentrazione di proteine nell’interstizio con conseguente aumento della fibrosi (Földi and Földi, 2003a).

Corticosteroidi

I corticosteroidi hanno una forte azione antinfiammatoria e di riduzione del gonfiore infiammatorio. Per questa ragione vengono talvolta usati per ridurre un gonfiore ad esempio tumorale per decomprimere vasi linfatici o venosi migliorando così un edema (Keeley, 2000). In ogni caso non bisogna dimenticare che i corticosteroidi provocano anche ritenzione di liquidi e nel lungo termine possono esacerbare l’edema.

Pentossifillina e Vitamina E

È stato suggerito che la vitamina E e la pentossifillina siano in grado di far regredire la fibrosi superficiale conseguente a radiazioni. Tuttavia uno studio del 2004 (Gothard et al, 2004a) ha mostrato che a 6 e 12 mesi non ci sono significativi effetti della vitamina E e della pentossifillina nel ridurre la fibrosi tissutale.

Ossigenoterapia iperbarica

Uno studio preliminare non randomizzato (Gothard et al, 2004b) ha mostrato potenziali effetti positivi dell’ossigenoterapia iperbarica nel ridurre la fibrosi e il volume dell’arto superiore affetto da linfedema secondario a radioterapia per tumore al seno.

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Fisioterapia e linfodrenaggio a Genova. Logo del dott. Andrea Secchi recante una una Phi graca blu dentro una foglia di Ginkgo bianca

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